• Band: BRODEQUIN
  • Durata: 31:59
  • Data di uscita: 22 marzo 2024
  • Etichetta: Season of Mist

Ecco un esempio concreto di “ritorno di fuoco” in tutto e per tutto. D’altronde, non stiamo parlando di novellini, ma dei Brodequin, formazione che ha già avuto modo di esprimersi due decenni fa con Instruments of Torture (2000), Festival of Death (2001) e Methods of Execution (2004), tre album dal più opprimente e brutale death metal. Tutto ciò non passò inosservato: solo gruppi come Dying Fetus, Devourment e Disgorge, all’epoca tra i migliori emergenti nel genere in questione, riuscirono a fare di meglio, e non ci volle molto ad accostare anche il trio del Tennessee ai loro nomi.

La loro carriera, però, prese una cattiva piega con il lungo scioglimento (durato all’incirca 10 anni) che, poco a poco, li relegò all’ombra dei loro colleghi. Sembrava che non potessero più riprendersi, ma per fortuna, è andata diversamente: i fratelli Jamie e Mike Bailey, menti del progetto, sono tornati in azione con il nuovo batterista Brennan Shackelford per realizzare il tanto atteso quarto capitolo, arrivato dopo 20 anni con il nome di Harbinger of Woe.

Di tempo ne è trascorso, questo è certo, ma non ha arrugginito, né scalfito le loro abilità: la violenza e il parossismo sono sempre gli ingredienti principali che, uniti ad una produzione più moderna e a qualche spunto stilistico inedito, collocano quest’album a pari merito dei tre full-length che lo hanno preceduto.

Già con l’opener Diabolical Edict si comprende il tutto: l’impatto è crudo e devastante, ma meno asfissiante di ciò che ci si potrebbe aspettare, grazie ai riff che, pur rimanendo fulminei, sembrano essere meno ruvidi e più aperti alla melodia. Altri elementi di novità sono gli intermezzi melodici dal retrogusto ambient, brevissimi ma importanti nel conferire al sound un tocco in più di diversità, con un mood più etereo, ma comunque azzeccato. Sensazioni che, però, si attenuano con i classici tappeti di blast beats, i tecnicismi resi al meglio nei cambi di tempo e il growl infernale di Jamie Bailey, che confermano la loro indole primordiale. L’album avanza imperterrito in questo vortice sonoro, reso ancor più infuocato da un songwriting diretto ed efficace in ogni brano (Of Pillars and Trees e Tenaillement ne sono un esempio) per dargli un’ossatura ancor più compatta fino alla title-track posta in chiusura, dal finale criptico e appropriato.

Insomma, Harbinger of Woe è stato sorprendente, non solo per aver conferito ulteriore vitalità al brutal death e al suo patrimonio, ma anche (e soprattutto) per aver dato di nuovo visibilità ad una band da riscoprire e da premiare per le sue abilità e il suo profilo. I Brodequin sono tornati, e anche più forti di prima.

Miglior brano: Harbinger of Woe

Voto: 8

Classificazione: 8 su 10.

TRACKLIST:

  1. Diabolical Edict
  2. Fall of the Leaf
  3. Theresiana
  4. Of Pillars and Trees
  5. Tenaillement
  6. Maleficium
  7. VII Nails
  8. Vredens dag
  9. Suffocation in Ash
  10. Harbinger of Woe

Profili social della band:

Una replica a “BRODEQUIN – Harbinger of Woe”

  1. Avatar Titti
    Titti

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