La nascita come sottogenere autonomo

Alla fine degli anni ’90, lo scheletro stilistico dello slam si era ormai formato. Le differenze dal classico brutal death metal cominciavano ad essere ben visibili, ma era ancora legato al suo progenitore.

Era come se fosse una sua entità complementare e, finché c’erano solo semplici frammenti dentro le varie composizioni, non poteva essere definito come genere a sé stante.

Mancava, dunque, un ultimo step fondamentale: la cristallizzazione, quella che avrebbe finalmente dato allo slam una forma definitiva. E la svolta arrivò a Dallas, in Texas, quando una band assorbì tutta l’influenza del sound newyorkese per renderla propria e, in seguito, per codificarla in un idioma sonoro universale.

I Devourment, il gruppo che ha dato forma allo slam. Sito ufficiale della band

I Devourment si formarono nel 1995 dal nucleo originale che comprendeva Brad Fincher (batteria), Braxton Henry (chitarra) e il vocalist Wayne Knupp. Con l’aggiunta del secondo chitarrista Kevin Clark e del bassista Mike Majewski, iniziarono a tenere il passo delle band contemporanee con la produzione di tre demo, di cui i primi due mantennero la formazione originale, mentre l’ultimo vide il nuovo cantante Ruben Rosas subentrare a Knupp.

I brani contenevano ancora passaggi veloci e complessi ma, lentamente, la band iniziò ad abbassare e ad appesantire gli accordi, semplificare i pattern di chitarra e spostare il fulcro ritmico dalla corsa alla spinta: i tom e le casse furono usati per creare onde, non per riempire i vuoti; le chitarre diventarono un muro sonoro compatto, mentre il growl si fece sempre più gutturale per accompagnare la fisicità dei riff, assieme alla produzione che, volutamente, era grezza per accentuare il tutto.

Entrambi i singer furono determinanti a ripercorrere il growl di Frank Mullen, quello che più si addiceva alla formula, ma fu Rosas a dargli un’impronta più pesante, così viscerale da diventare un puro suono corporeo più che una voce che mette insieme delle liriche.

E quando i texani si accorsero che gli ingranaggi giravano nel verso giusto, realizzarono finalmente la prima opera strettamente slam della storia. Con Molesting the Decapitated, uscito nel 1999, quei frammenti che erano sparpagliati nei brani diventarono schemi: breakdown ripetitivi e ossessivi, riff minimalisti ma mastodontici e batteria cruda e diretta vennero inseriti costantemente nella durata dei pezzi, pensata appositamente per far sprigionare la violenza in maniera opprimente dall’inizio alla fine.

Dove i Suffocation erano tecnici, i Devourment erano feroci. Dove i Disgorge erano caotici, loro erano metodici. E senza un minimo di compromessi. In Molesting the Decapitated, lo slam smette di essere una parentesi nel brano: diventa la struttura stessa, senza cercare ulteriori soluzioni tecniche, ma solamente picchiando il più duro possibile.

Non meno importante, poi, è l’estetica: il genere doveva essere pesante non solo nell’impatto sonoro, ma anche in quello visivo. Non che il brutal death non lo fosse, ovviamente, ma i Devourment resero tutto ancora più esplicito.

Già il titolo dell’album era tutto dire, ma la copertina fu la ciliegina sulla torta: l’immagine raccapricciante di un corpo nudo e decapitato doveva essere la facciata di una raccolta di brani dai titoli osceni, rappresentanti un immaginario che abbandona qualsiasi parvenza di ironia o introspezione per abbracciare la più totale brutalità.

Da lì in avanti, i Devourment diventarono l’istituzione di questo neonato sottogenere. Anche le loro vicissitudini, tra arresti, scioglimenti e rinascite, contribuirono a mitizzarli, formando attorno a loro una rete di band e di fan che trovarono nello slam una via di fuga dal tecnicismo e dalla complessità. È in quel preciso momento, nel sud bollente degli Stati Uniti, che lo slam diventa una cultura.

Una cultura che inizia a diffondersi sempre di più, nonostante fosse quasi invisibile alle grandi etichette death metal del periodo. Il sound era troppo sporco, troppo grezzo rispetto a quello più nitido e tecnico di band come Nile o Cryptopsy.

Eppure, proprio in questa marginalità, lo slam trova la sua forza: una musica che si diffonde nei sotterranei e si alimenta di isolamento, di passione, di scambio di dischi e cassette.

Negli Stati Uniti, i primi a seguire il modello Devourment furono i Prophecy, i Condemned e i Digested Flesh, che estremizzarono la brutalità del suono texano rendendolo ancora più denso, più lento, più monolitico.

Nei loro primi album, quali Foretold… Foreseen (1998) e The Answer to Infection (2004) le strutture dei brani si semplificano fino a diventare quasi rituali: pattern ripetuti, pause improvvise, esplosioni di groove che sembrano schiacciare l’aria e voci sempre più gutturali.

Anche in California, tramite i Cephalotripsy, in New Jersey con i Waking the Cadaver e in South Carolina con i Guttural Engorgement, si ebbero nuovi esempi di slam granitico e viscerale, soprattutto con lavori come Uterovaginal Insertion of Extirpated Anomalies (2007) che delineano finemente il puro stile americano.

Adesso lo slam era nato definitivamente: aveva un suono tutto suo, un’immagine riconoscibile e la sua schiera di band che lo esprimevano al meglio, ma doveva ancora farsi conoscere su larga scala.

Cosa che diventò possibile nei primi anni Duemila con l’avvento di internet. Forum come Ultimate Metal, assieme a piattaforme pionieristiche come MySpace e Soulseek, permisero uno scambio diretto tra le scene underground sparse nel mondo.

Lo slam si diffuse attraverso file compressi, copertine scansionate e conversazioni tra utenti a migliaia di chilometri di distanza, crescendo in modo organico e decentralizzato e arrivando in ogni parte del mondo.

Gli Abominable Putridity, una delle prime formazioni slam europee. TV Tropes

Un movimento consistente nacque nell’Est Europa, in particolare in Russia, dove una nuova generazione di musicisti ispirata proprio ai Devourment, sviluppò una variante glaciale e meccanica dello slam.

A Mosca nacque un nuovo epicentro con protagonisti gli Abominable Putridity, i Katalepsy, i Guttural Decay e gli Psychosurgical Intervention che definirono il cosiddetto “Russian slam”, più preciso e impattante rispetto al sound texano.

Nella vicina Bielorussia, si distinsero per qualità gli Extermination Dismemberment che, come gli omologhi russi, resero il suono più pesante, ma con una produzione più efficace, mettendo in mostra anche una buona dose di lato tecnico.

Anche in Estonia, il movimento crebbe grazie agli Hymenotomy che, nonostante nati un po’ più tardi, diedero un enorme contributo alla scena, assieme ad altri acts diffusi anche nel resto del Vecchio Continente come i Chordotomy dalla Germania, i Vulvectomy dall’Italia e, soprattutto, i Kraanium dalla Norvegia, ad oggi tra le migliori formazioni europee in quest’ambito.

Ma la vera esplosione avvenne nel Sud-Est asiatico. In Giappone, Indonesia, Filippine e Malesia, lo slam trova terreno fertile in contesti dove la musica estrema è parte di una controcultura urbana e sociale.

Band come Down from the Wound, Viscera Infest e Gorevent, reinterpretano il linguaggio dello slam in chiave più ruvida e diretta, con registrazioni lo-fi e un’estetica profondamente legata alla strada, proprio come successe agli albori, quando la brutalità era vissuta, meno concettuale e più istintiva.

Ormai, nei circuiti underground di tutto il mondo, lo slam era ufficialmente riconosciuto. I fan aumentarono a dismisura, anche i concerti tematici, rendendo il movimento consolidato nella sua interezza.

La diffusione definitiva e l’evoluzione moderna

Negli anni 2010, lo slam entra in una nuova fase di maturazione e diffusione. Grazie a piattaforme come YouTube, Bandcamp e SoundCloud, oltre ai vari social network, le varie etichette e i canali più visionari ebbero molta più visibilità, permettendo al genere di arrivare sempre più in alto.

Realtà come la Slam Worldwide, la Comatose Music e la Pathologically Explicit Records iniziarono a promuovere band dedite allo slam e ai generi affini, aggregando fan, band e produttori da ogni angolo del pianeta e creando un vero ecosistema globale per un genere che, fino a pochi anni prima, era confinato a poche città degli Stati Uniti e a piccole scene sparse in Europa e in Asia.

Il logo della Comatose Music

Le recensioni dei dischi, i video dal vivo amatoriali e le playlist condivise online diventarono strumenti di diffusione potenti quanto i dischi fisici, alimentando una comunità sempre più numerosa.

Ogni settimana emersero nuove band, spesso giovanissime, da luoghi inaspettati: dal Messico, dove lo slam si intreccia con le influenze grindcore e death tradizionale, al Portogallo e all’Europa occidentale, dove alcune band aggiungono tempi più sincopati o riff iper-tecnici.

Un caso emblematico sono gli Analepsy, provenienti da Lisbona, che nei loro album introdussero una grande quantità di tecnica ad un sound di per sé già più pulito, ma sempre opprimente.

In tempi recenti, alcune band hanno integrato strumenti aggiuntivi e un mastering più ottimale per aumentare il peso sonoro, altre hanno sperimentato con la durata dei pezzi, creando tracce che superano i sette minuti, ma concentrano l’aggressione in sezioni di puro slam, come nel caso dei Fetid Bowel Infestation.

Altro fattore di cambiamento e sviluppo sono le contaminazioni. Lo slam entra in contatto con il deathcore, il beatdown hardcore e con l’elettronica più distorta e industriale, creando una forte ibridazione: i riff diventano più serrati, le batterie più precise e la produzione più limpida e potente, senza però tradire l’ossatura originaria fatta di groove ossessivi e breakdown ciclici.

Band come Ingested, Vulvodynia, Acrania e Stillbirth incarnano questa nuova fase, in cui il peso dello slam si fonde con la precisione e le tecniche moderne di registrazione, creando un suono devastante e, spesso, in grado di essere riprodotto anche nei grandi festival internazionali.

Ci sono casi anche più specifici come i PeelingFlesh che, con l’uso di campionamenti e contaminazioni ritmiche, rendono il loro sound più strutturato e complesso rispetto allo slam tradizionale. Alcuni brani come The G Code integrano anche influenze da hip‑hop e EDM, creando sezioni ritmiche che aggiungono peso e varietà al groove.

Non sono mancati i dibattiti riguardo a questa nuova visione, in quanto la digitalizzazione e il mix con altri stili possono snaturare un genere creato appositamente per travolgere e non per stupire. Ma, in sostanza, non è cambiato nulla.

Anche nell’era digitale, con server e canali globali che ampliano la visibilità, lo slam conserva quel senso di fisicità e primitivismo che ne definiva l’origine: dalla polvere dei garage newyorkesi fino agli stream online in alta qualità, il cuore del genere continua a battere lento e devastante, attraversando decenni e continenti senza mai perdere la propria essenza, ma alimentando il movimento che ruota attorno ad esso.

Negli anni recenti, infatti, sono nati numerosi festival dedicati o fortemente incentrati sul genere. Tra i più rappresentativi vi è lo UK Slam Fest di Manchester, uno degli appuntamenti più noti del circuito europeo, dove si alternano nomi storici e nuove promesse dello slam, mentre negli Stati Uniti spicca lo Slamdakota Death Fest, che incarna perfettamente lo spirito underground tipico della scena, con un’atmosfera più intima ma una dedizione assoluta.

La locandina dello UK Slam Fest 2023

Lo slam appare dunque come il risultato di un lungo processo di trasformazione all’interno del metal estremo. Nonostante sia uno dei sottogeneri più recenti, ha saputo consolidarsi nel tempo grazie a un’identità sonora precisa e a una comunità che ne ha preservato lo spirito originario.

Pur attraversando fasi di ibridazione con altri linguaggi musicali, non ha mai perso la propria anima: quella miscela di violenza distruttiva, groove ossessivo e ironia macabra che lo rende immediatamente riconoscibile.

Oggi, dopo decenni di evoluzione, lo slam death metal continua a reinventarsi senza snaturarsi, rimanendo fedele alle proprie radici ma aperto alle nuove generazioni e alle sperimentazioni future.

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