
- Band: CASTLE RAT
- Durata: 48:39
- Data di uscita: 19 settembre 2025
- Etichetta: King Volume Records
I Castle Rat sono una di quelle band che sembrano essere uscite da un’altra epoca: logo palesemente old school, estetica di rimando fantasy/medievale e un sound pressoché revivalista.
I newyorkesi, in pratica, hanno un appeal tipicamente retrò, nonostante siano in giro dal 2019 e si siano dovuti reinventare per approcciarsi al genere che suonano oggi. Sì, perché tutti i componenti, in passato, hanno suonato hard rock, diverso da ciò che hanno scelto dopo guidati, più che altro, dal concept.
Il fantasy è un tema ricorrente nel mondo del metal, grazie al quale molte band hanno dato vita alla loro identità. Ebbene, questa era proprio l’intenzione della frontwoman Riley Pinkerton, la “Rat Queen”, che ha radunato altri tre componenti (The Druid, The Count e The Plague Doctor) fondando un quartetto che dovesse combinare l’esibizione musicale a quella teatrale, dati i loro costumi scenici.
Da tutto ciò, dunque, quale sound poteva nascere? Un doom metal dalle tinte heavy/epiche, con cui la band ha messo a segno due album: Into the Realm (2024) e The Bestiary. La distanza temporale tra i due è minima, ma non le differenze che si trovano: più interludi, momenti epici e passaggi atmosferici, con una notevole aggiunta di varietà ai riff e alla gamma tecnica.
L’album si apre con Phoenix I, un’intro eterea che introduce subito l’atmosfera arcana del disco, per poi partire con Wolf I, pura carica di cassico doom, primo vero brano del lotto. Subito dopo arriva Wizard, che unisce forza e teatralità con un tocco più melodico, mentre Siren vede la voce della Rat Queen al massimo della sua espressione, assieme al buon lavoro alla chitarra di Franco Vittore, con Charley Ruddell al basso e Joshua Strmic alla batteria che dettano le ritmiche pesanti (e in un secondo momento più veloci) perfettamente azzeccate. Con Unicorn il disco si fa più ambizioso: atmosfere sospese e mistiche che si trasformano in un crescendo di riff pesanti, mentre con Crystal Cave si torna in momenti più evocativi e delicati. Serpent riporta il disco a sonorità più oscure, con groove ipnotici che evocano perfettamente il titolo, mentre Wolf II riprende il tema del brano iniziale in versione più cupa. Dragon rappresenta uno dei vertici dell’album sul piano strettamente metal: riff monolitici, assoli incisivi e un andamento quasi sabbathiano che rimanda alla tradizione classica del doom. Verso la conclusione, Sun Song si presenta come uno dei brani più epici, costruito su un crescendo che alterna calma e furia, probabilmente il momento più scenico dell’opera.
The Bestiary è un album coerente e ambizioso: alterna benissimo la pesantezza del doom con momenti narrativi e intermezzi atmosferici, creando un racconto musicale che vive più come un viaggio che come una semplice raccolta di canzoni. Alcuni brani funzionano meglio singolarmente, altri soprattutto nel contesto dell’album, ma l’insieme costituisce l’identità dei Castle Rat: una band che non ha paura di buttarsi in un genere non molto evoluto, ma esprimendolo al meglio tramite l’unione tra teatralità, fantasy e le atmosfere mistiche che ne scaturiscono.
Miglior brano: Dragon
Voto: 7,5
TRACKLIST:
- Phoenix I: Ardent
- Wolf I: Tooth & Blade
- Wizard: Crystal Heart
- Siren: The Pull of Promise
- Unicorn: Carnage and Ice
- Path of Moss
- Crystal Cave: Enshrined
- Serpent: Coiled Figure
- Wolf II: Celestial Beast
- Dragon: Lord of the Sky
- Summoning Spell
- Sun Song: Behold the Flame
- Phoenix II: Cinerous
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