Brisbane: l’incubatore dell’estremo

La città di Brisbane, terza del Paese per dimensioni e numero di abitanti, si è distinta per aver dato alla luce una schiera di band e appassionati che hanno formato, in una manciata di decenni, un hub solido per il movimento metal australiano.

La metropoli conobbe subito una predisposizione alla nascita di una scena estrema sin dagli anni ’70, in cui il panorama musicale era dominato dal punk in un contesto fortemente DIY e sempre in continuo fermento.

Tuttavia, rispetto alle altre città australiane, Brisbane fu caratterizzata da un periodo non molto positivo per il movimento underground, dovuto soprattutto alle leggi del governo locale.

L’Australia, infatti, è una repubblica federale nella quale, similmente agli Stati Uniti, ogni stato ha la sua autonomia. In quegli anni, il Queensland, stato di cui Brisbane è la capitale, era governato da Joh Bjerke-Petersen, il quale si distinse per il suo pugno di ferro.

Joh Bjerke-Petersen. Star Observer

Nato in Nuova Zelanda da immigrati danesi, Bjerke-Petersen si trasferì in Australia in giovane età per poi intraprendere la carriera politica.

Durante il suo governo, durato quasi 20 anni (1968-1987), il Queensland si trasformò in un vero e proprio stato di polizia: le manifestazioni nei luoghi pubblici erano vietate, gli assembramenti erano puniti a norma di legge e, come se non bastasse, le forze dell’ordine avevano il pieno diritto di reprimerli con la forza. In più, il premier si definiva “cristiano fondamentalista” e vedeva l’arte alternativa, il femminismo e i generi musicali un po’ più ribelli come una vera e propria minaccia morale.

E, ovviamente, fu proprio la comunità punk ad andarne di mezzo: le leggi anti-raduni stabilivano che più di 5 persone non potevano riunirsi senza permesso. Per questo i concerti, molte volte improvvisati, venivano facilmente interrotti e i partecipanti spesso arrestati o caricati violentemente.

Sotto l’amministrazione Bjerke‑Petersen, le forze dell’ordine agivano a ranghi larghi: punti di controllo, pestaggi, arresti arbitrari, spesso senza accuse formali. Ancora oggi si ricordano episodi come il raid al Baroona Hall nel novembre 1979, con sette auto della polizia che dispersero bruscamente il pubblico.

L’interno del Baroona Hall durante un concerto nel 1980. Queensland Government

Tutto ciò, però, non spaventò gli appassionati che, anzi, risposero sempre presenti su questi palchi improvvisati, fondamentali per forgiare lo spirito crudo e diretto che avrebbe definito la scena negli anni successivi.

Tra i pionieri ci sono i Saints, attivi dal 1973, che esordirono con l’album (I’m) Stranded nel 1976, prima persino dei Sex Pistols e dei Clash, trasmettendo un forte impatto a livello internazionale con il loro sound veloce e aggressivo.

Altra formazione storica furono i Vampire Lovers, attivi nei primi anni ’80, che mescolavano horror-punk e heavy metal con un’estetica teatrale e provocatoria. Sebbene siano spesso ricordati per le loro affinità con il glam e il punk, il loro suono anticipava gli stilemi che si sarebbero diffusi negli anni successivi.

A partire dagli anni ’90, dopo la fine del governo di Bjerke-Petersen, Brisbane diventò, in risposta agli anni di oppressioni, l’epicentro di una delle scene più estreme mai viste.

I Misery furono tra i primi a scuotere la scena metal della metropoli grazie al loro death metal fragoroso e aggressivo. Il primo album A Necessary Evil (1993) è considerato ancora oggi una pietra miliare, sia per gli sviluppi del sottogenere in Australia, sia per i musicisti che si ispirarono a loro, come gli Obfuscate Mass e i Mausoleum, mentre i Sakkuth, altra band di culto, si spostarono su sponde più melodiche.

Oltre al death, in città ebbe modo di crescere anche il black con acts come Astriaal e Gospel of the Horns, diventati noti grazie a perle come Renascent Misanthropy e The Satanist’s Dream.

Nessuno, però, è riuscito a mettersi in mostra quanto una band che, col passare del tempo, è diventata il punto di riferimento per la scena di Brisbane: i Portal.

I Portal durante un’esibizione dal vivo. Vice

I musicisti, noti per una delle estetiche più impattanti e teatrali del panorama estremo mondiale, hanno coniato un sound totalmente anomalo: la struttura strofa-ritornello è inesistente e non ci sono riff o breakdown riconoscibili, mentre il tremolo picking è distorto all’esasperazione, con armonici dissonanti e accordi atonali, accompagnati da blast beats oppressivi, poliritmie disturbanti e un growl inumano.

Ogni album, dal primo Seepia (2003) all’ultimo Hagbulbia (2021), è un concentrato di horror, perdizione e caos racchiuso in una forma di avant-garde metal del tutto estraniante, che hanno reso la band unica nella scena metal australiana.

Spinta da questo enorme fermento, Brisbane è cresciuta sempre di più a partire dagli anni 2000, sfornando band dal grande talento in ogni sottogenere.

Una di queste sono i Disentomb, dal brutal death tecnico e impetuoso, arrivati in alto nella scena internazionale grazie ad album micidiali come Misery (2014) e The Decaying Light (2019).

Tra le reclute deathcore, molto in voga anche qui, sono nati acts come Aversions Crown e A Night in Texas, famosi anche all’estero, così come i Crowned in Flesh e i Gutknife BD.

Tra gli acts più giovani e pieni di talento si ergono i Descent, band dal mix tra death, black e hardcore, e gli Awful Noise, dal deathgrind brutale e aggressivo, mentre in ambito thrash si possono trovare gli Asylum, gli Ancient Remains e gli Odius, tutti influenzati dagli stilemi old school, seppur con qualche ritocco moderno.

Brisbane, dunque, risulta essere una città dinamica quanto, se non più delle due metropoli principali, non solo se si comparano le dimensioni e gli abitanti, ma anche i trascorsi storici. Fattori che, in ogni caso, hanno sempre movimentato la scena per poi esplodere nelle forme più estreme del metal, di cui la terza città dell’Australia è una fucina di talenti in continua espansione e progresso.

Perth: città isolata, ma creativa

Anche Perth, la maggiore metropoli della costa occidentale, ha saputo costruire la propria scena metal gradualmente e con i giusti mezzi.

Pur trattandosi della quarta città più grande del Paese, la sua posizione geografica, sulla carta, è molto svantaggiosa: lontana da tutto, isolata tra oceano e deserto, distante da qualsiasi altro centro e dalle altre metropoli, situate tutte dall’altra parte dell’Australia.

Eppure, nonostante ciò, la città vide crescere la sua scena con i mezzi che aveva: strumenti autoprodotti, una miriade di eventi improvvisati e un’attitudine unica.

Parlare di metal a Perth negli anni ’70, significa parlare di una terra ancora vergine. Non c’erano etichette, non c’erano venue dedicate, non c’erano nemmeno le parole giuste per definire quel suono che stava nascendo, ma c’erano già alcune band che spingevano il rock verso sponde più dure e rumorose.

I Bakery, una delle prime band hard rock di Perth. Laneway Music

Tra i primi si disinsero i Bakery. Attivi dal 1970 al 1975, Il loro album Momento (1971) ha oggi uno status di culto per aver introdotto una maggiore pesantezza e teatralità in un sound che, man mano, diventò sempre più inedito.

Allo stesso tempo, band come Fatty Lumpkin e The Elks sperimentavano suoni che andavano aldilà dell’hard rock, rispecchiando una scena ancora ibrida, ma che stava cambiando. I fan si scambiavano dischi importati di Black Sabbath, Led Zeppelin e Deep Purple. E quei riff, quelle atmosfere cupe, cominciavano a filtrare nei garage locali.

Più avanti, verso la fine degli anni ’70, emersero i Black Alice, band che avrebbe lasciato un segno ben più marcato. Formati nel 1979, furono tra i primi a proporre un suono chiaramente heavy metal, ispirato dalla NWOBHM, ma con una rabbia e un’attitudine tipicamente australiana, visibile nel primo album Endangered Species (1983), perla assoluta della scena della città.

Gli anni ’80 furono lo spartiacque. Se nei ’70 il metal era ancora un’eco del rock psichedelico e hard, nel decennio successivo la scena di Perth diventò più definita. Una delle band di punta del periodo sono gli Allegiance, che plasmarono un sound energico e potente, influenzato da Slayer, Metallica e Sepultura, che diffusero il verbo sempre di più grazie ad una produzione serrata di dischi e ad una serie di tour in giro per la nazione.

Negli anni ’80, infatti, le band suonavano ovunque potessero: pub, centri comunitari e backyards, come il Red Parrot e lo Shenton Park Hotel, che divennero punti fissi per i concerti heavy, con un pubblico piccolo ma feroce, costantemente informato dalle fanzine che circolavano all’epoca.

Fu così che, negli anni ’90, Perth ha prodotto una generazione di band che, anche se magari non hanno sfondato a livello globale, hanno costruito un tessuto underground solido e compatto abbracciando un sound più estremo.

Infected, Sanity’s Dawn e Execution sono solo alcuni dei nomi che iniziarono a circolare nei demo-tape locali, spingendo verso un death metal crudo e marcio, racchiuso in dischi spesso autoprodotti e distribuiti a mano. Nascevano anche band grindcore e noise-core ispirate da Napalm Death, Carcass e Terrorizer, con nuovi locali come il Grosvenor Hotel e l’Hyde Park Hotel che si riempivano di urla e breakdown.

Ciò che rendeva la scena metal di Perth negli anni ’90 unica non era solo il suono estremo, ma l’unità. Band death, black, grind e doom suonavano insieme nelle stesse serate. Non c’erano etichette, né differenze: la cosa importante era spingere al massimo quella musica che, ormai, accomunava tutti gli appassionati.

Negli anni 2000, ci fu un cambiamento di rotta verso sponde meno estreme e più tecniche. I Dyscord, ad esempio, furono pionieri del metalcore/tech death: il loro EP Arming Within (2006) e l’album Dakota (2008), prodotto da Adam Spark, segnarono un salto di qualità, imponendosi con un sound pesante e articolato.

Altra band dal percorso simile sono i Chaos Divine che, dal death/thrash si spostarono verso il prog, con album come L’EP Ratio (2006) e Avalon (2008) che li consacrarono come una delle più rispettate band metal del Western Australia.

Parallelamente, nell’underground nascevano altre tendenze: da una parte band estreme dall’approccio classico sia nel sound che nell’attidudine, come The Furor, Claim the Throne e Naetu; dall’altra, invece, nascevano gruppi cristiani come Grave Forsaken (attivi dal 2004) e Scourged Flesh (dal 2006) con un mix di thrash, death e doom dai testi a tema religioso.

Da meta difficile ad una delle più ambite. Perth ha saputo sfidare l’isolamento geografico con una scena resistente, genuina e molto dinamica, al passo con la modernità, con l’evoluzione del metal e con le sue forme più tecniche.

Oggi, ad ovest, la musica estrema continua a battere forte: nei piccoli club, nei grandi festival (come il Soundwave) e nei palchi dove ogni riff suonato è un simbolo di passione e perseveranza.

Adelaide: più piccola, ma più rumorosa

Non poteva mancare di certo Adelaide tra le città che hanno formato la solida scena metal australiana.

Decisamente più piccola rispetto alle altre metropoli, la capitale del Sud Australia ha visto nascere una scena molto solida che, pur essendo esplosa solo decenni dopo, affonda le sue fondamenta negli anni ’70, in quella zona di confine tra hard rock, psichedelia e heavy-blues che ha anticipato l’ondata metal vera e propria.

Un punto di riferimento furono i Fraternity, guidati per un periodo da un giovanissimo Bon Scott, che mescolarono blues, hard rock e psichedelia in stile sabbathiano, seminando i primi stilemi del sound che si sarebbe sviluppato in seguito.

I Fraternity. The Advertiser

Altro gruppo seminale adelaidense furono gli Headband, che portarono avanti uno stile influenzato dal prog e dall’hard rock più cupo, costruendo una base solida per gli anni a venire.

Anche se la città rimase marginale rispetto a Sydney e Melbourne, emerse un circuito underground molto coeso, fatto di sale prove condivise, fanzine autoprodotte e concerti organizzati in teatri e sale da ballo, come il Largs Pier Hotel o il Thebarton Theatre, che diventeranno centri nevralgici per i concerti metal.

Iniziarono quindi a nascere band dal suono decisamente più pesante come gli Escape e gli Almost Human, impostati sul suono più heavy, ma non mancarono neanche acts più estremi come i Martire, che rintrodussero un mix tra thrash, death e black perfettamaente calzante ed impetuoso.

Negli anni ’90, Adelaide prese una direzione diversa, sviluppando un’identità riconoscibile: quella del doom metal. Band come Mournful Congregation e Virgin Black esplorarono territori lenti, spirituali e decadenti, attirando l’attenzione di nicchie estreme in Europa e negli Stati Uniti.

Allo stesso tempo, The Mark of Cain, nati negli anni ’80 ma esplosi nei ’90, si spstarono verso un alternative metal/post-hardcore duro e minimale, contribuendo alla consacrazione della scena, non più solo emulativa, ma finalmente autonoma, con etichettine indipendenti, studi di registrazione casalinghi e una fanbase devota.

Con l’avvento del nuovo millennio, la scena metal di Adelaide ha vissuto una fase di transizione e consolidamento, vedendo emergere una nuova ondata di band che ha saputo rielaborare il metal attraverso contaminazioni moderne.

Tra queste ci sono gli Universum (melodic death metal, con sonorità ispirate alla scena svedese), i Truth Corroded (thrash/groove tecnico) e i Double Dragon, che si ritagliarono uno spazio importante nella scena con album ben prodotti, tour internazionali e partecipazioni a grandi festival.

Nel panorama contemporaneo, dunque, Adelaide si conferma come una delle città più interessanti per il metal australiano, grazie a una combinazione di veterani in attività e nuove leve pronte a sperimentare.

Si possono menzionare infatti gli Hidden Intent, revivalisti del thrash old-school, e i Bifurcation, dal classico brutal death. Ma è soprattutto la nuova generazione a dare slancio: band come Connections, Heartline e Tympanic si rifanno ad un sound moderno e al passo con i tempi, ispirato da Karnivool, Jinjer, Periphery e Architects.

Iniziative come il festival Froth & Fury, eventi come il Metal to the Grave e spazi alternativi come il Woodshed, alimentano una comunità metal coesa e intergenerazionale che continua a crescere, ad espandersi e a reinventarsi.

Adelaide, pur non avendo la stessa nomea delle metropoli più grandi, è riuscita a far nascere una scena metal autonoma, radicale e profondamente autentica. I presupposti per la formazione di una grande fanbase sono sempre stati favorevoli sin dagli albori del genere, trovando sempre la possibilità di farsi sentire, anche a gran voce, in Australia e all’estero.

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