Uno degli aspetti più distintivi del metal è la sua varietà di temi che tratta. Ogni sottogenere ha un suo concept dominante che lo caratterizza e, il più delle volte, sono quelli che alimentano i pregiudizi (satanismo, violenza, gore, guerre). Ma il metal ha tanto altro da dire: folklore, storia, scienza, leggende e tanta filosofia, espressi anche dalle copertine.

Si possono trovare artwork di qualsiasi tipo, sia digitali che manuali, realizzati da artisti come Mariusz Lewandowski, Paolo Girardi e Eliran Kantor che sono diventati noti grazie alle opere presenti sulla cover di svariati album. Ma è anche vero che molte band hanno scelto i dipinti dei grandi pittori classici per i propri lavori, non solo per esprimerne i contenuti, ma per mettere in risalto quegli aspetti propri della cultura umana con cui il mondo del metal ha ormai instaurato un forte legame.

In breve, non c’è da aspettarsi unicorni, paesaggi paradisiaci e scene sobrie (goregrind in primis) ma la possibilità di vedere qualche opera di Friedrich o di altri pittori è altissima.

Blessed Are The Sick – A Tribute to Insanity

Cosa hanno in comune i Morbid Angel e gli Hexenhaus? Diciamo, quasi niente. I primi vengono dalla Florida e sono tra i pilastri del death metal, i secondi sono svedesi e suonano technical thrash metal, senza contare che i temi che trattano sono diversi. Ma c’è una “piccola” cosa che li lega: la copertina di uno dei loro full-length, ovvero Blessed Are The Sick e A Tribute to Insanity. L’opera in questione è I Tesori di Satana di Jean Delville, esponente belga della corrente del simbolismo, che diede alla sua arte un’impronta più esoterica. Lo si nota dal dipinto che raffigura Caronte mentre traghetta le anime dannate all’inferno, degna rappresentazione di ciò che viene espresso negli album: blasfemia, morte e pazzia (nel secondo caso).

None So Vile

Trovare un album più brutale di None So Vile è un’impresa difficile. I Cryptopsy, nei loro primi anni di attività, si riconoscevano subito per il loro sound: feroce, bestiale, al limite della pazzia, trovando il massimo della sua espressione proprio in questo lavoro. Lord Worm e compagni si sono impegnati al massimo per creare un’opera così dannatamente irruenta, ed hanno fatto altrettanto sulla scelta della cover che ritrae il dipinto di Elisabetta Sirani, pittrice italiana del pieno periodo barocco, intitolato Erodiade con la testa di San Giovanni Battista. Ritenuta dai suoi contemporanei “il miglior pennello di Bologna”, l’artista creò uno stile elegante ed espressivo nel quale primeggiano temi sacri, ma anche ritratti di donne eroine, bibliche o letterarie, che rispecchiavano inevitabilmente il suo status di eccezione assoluta, dati gli standard dell’epoca. E quest’opera ne è la più chiara dimostrazione. Inutile soffermarsi, poi, sull’impatto che trasmette, perfetto per rappresentare al massimo l’indole dei canadesi.

Blood Fire Death

Il percorso artistico dei Bathory è ricordato da tutti: prima hanno costruito le basi per il sound del black metal, poi quelle del viking, che inizia a prendere forma proprio da Blood Fire Death, quarto full-length pubblicato nel 1988. E quale opera scegliere per quest’album, se non Caccia Selvaggia di Peter Nicolai Arbo? Il pittore norvegese ha fatto parte del periodo storico-artistico del romanticismo, le cui opere rappresentano scene di vita quotidiana, eventi naturali o miracoli divini filtrati dal sentimento umano. Ciò significa che, a seconda dell’artista, i dipinti trasmettono sensazioni forti tramite il sublime, ma anche tramite il catastrofismo. Cosa che accade proprio in quest’opera: secondo la mitologia vichinga, assistere alla battuta di caccia tra esseri sovrannaturali può portare terribili sciagure senza la possibilità di evitarle. Perfetto significato non solo del dipinto e delle sensazioni che trasmette, ma anche del concept che i Bathory adotteranno da qui in poi.

In The Rectory of the Bizarre Reverend

Rimanendo nel romanticismo, è obbligatorio citare uno dei suoi artisti più importanti, Francisco Goya. Il celebre pittore spagnolo ha vissuto due periodi artistici: nel primo le tematiche sono leggere e sensibili, nel secondo prendono il sopravvento raffigurazioni più “orrorifiche” che simboleggiano uno spartiacque della sua esistenza, segnata non solo dalle sue vicende personali, ma anche dalle tensioni politiche dilaganti nell’Europa del XVIII secolo. Tra le più importanti, si ricorda El Aquelarre, dipinto in cui un caprone demoniaco celebra il sabba circondato da streghe che gli offrono in sacrificio un bambino già in stato di decomposizione. Scene che, nel mondo del metal, sono citate in ogni dove, anche tramite proprio quest’opera: i doom metallers finlandesi Reverend Bizarre l’hanno utilizzata come cover per il loro primo full-length In The Rectory of the Bizarre Reverend, ma non sono stati gli unici. Si ricordano anche i Torgeist, esponenti delle Légions Noires, che l’hanno presa in prestito per il loro EP Time of Sabbath (titolo del tutto casuale) assieme ad altre band.

Emperor (self-titled EP)

Tra i più importanti artisti romantici c’è anche il francese Gustave Doré, eclettico e poliedrico, che si è misurato con tutte le tecniche esistenti (pittura, acquerello, disegno, scultura, incisione) raggiungendo i risultati più alti in veste di illustratore, con opere dalla visione epica, drammatica e apocalittica. Proprio come Morte su un cavallo pallido, usata per la cover del primo EP degli Emperor. Il suo significato lo si comprende subito, ma lo si inquadra bene anche nella dimensione musicale espressa da Ihsahn e soci, dove il misticismo e i temi vicini al mistero della morte sono espressi al massimo.

Into The Pandemonium

Per la serie “cover di culto” troviamo anche quella di Into The Pandemonium, terzo album dei Celtic Frost. Gli svizzeri, tra le prime band estreme della storia, sono partiti da un sound simile a quello dei Venom e di altre contemporanee per poi abbracciare sponde più sperimentali, ricche di contaminazioni diverse che vanno dal doom all’R&B. E per un lavoro così innovativo, ci vuole una copertina altrettanto tale. Sì, perché Hieronymous Bosch sarà anche un pittore vissuto tra il ‘400 e il ‘500, ma per l’epoca era già molto avanti. La sua arte, a primo impatto, può risultare bizzarra, ma al suo interno aleggiano tutte le speranze, le angosce e le paure legate all’uomo e alla sua consapevolezza che il male è presente ovunque, seppur contrastabile. Proprio come accade nel suo famoso trittico del Giardino delle Delizie, di cui Tom G. Warrior ha voluto prendere il terzo dipinto dove, non a caso, è raffigurata una visione dell’Inferno con tutti i tormenti della dannazione. Perfettamente a tema con il titolo dell’album.

The IVth Crusade

Torniamo immersi nel romanticismo, questa volta tramite i Bolt Thrower. Gli inglesi hanno dato alla luce lavori granitici che hanno conferito un’identità solida al loro sound, ma anche le copertine hanno fatto lo stesso, tra cui quella del quarto album The IVth Crusade. Il dipinto raffigurato è l’Ingresso dei Crociati a Costantinopoli del noto artista francese Eugène Delacroix, uno dei maggiori esponenti del romanticismo che, nei suoi quadri, trasmette sensazioni drammaticamente forti da vivere in prima persona. La libertà che guida il popolo, una delle sue opere più famose, è quella che più di tutte riesce in questo intento, ma anche quella scelta dai Bolt Thrower ha la sua efficacia, specie se vista a primo impatto.

The Divinity of Oceans

Una volta che si nomina Delacroix, viene spontaneo citare il suo amico, maestro e predecessore Théodore Géricault. Altro grande esponente romantico, l’artista francese dipinse soprattutto opere nelle quali i soggetti sono ritratti in un contesto di narrazioni storiche per lo più drammatiche. Proprio ciò che accade nel suo quadro più famoso, La Zattera della Medusa, che logicamente poteva ispirare solo una buona band funeral doom come gli Ahab. I tedeschi hanno utilizzato questa famosa illustrazione per la cover del secondo album The Divinity of Oceans, calzante non solo con la sua ambientazione, ma anche con la linea di pensiero di Géricault, che decise di raffigurare una spiacevole e dolorosa realtà da far smuovere gli animi di chi la guarda.

Nightfall

I Candlemass sono attivi dal 1985 e, in soli due anni, riuscirono a dare alla luce due opere fondamentali per il doom: Epicus Doomicus Metallicus e Nightfall, con quest’ultimo che si distingue, oltre che per il contenuto musicale, anche per quello estetico. La copertina è uno dei quattro quadri che compongono la macro opera intitolata The Voyage of Life dell’anglo-americano Thomas Cole, nei quali sono raffigurate le quattro fasi della vita umana: infanzia, giovinezza, età adulta e vecchiaia. È proprio quest’ultima l’opera che è stata utilizzata per la copertina del secondo disco, mentre per Ancient Dreams è stato scelto il secondo.

Mare

Ecco uno di quegli artisti classici dall’animo metallaro nel profondo. Michelangelo Merisi, conosciuto come Caravaggio, è stato uno dei più importanti artisti italiani vissuti a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, che corrispondono ai periodi artistici del manierismo e del barocco. Una caratteristica delle sue opere, oltre al forte contrasto di luci e ombre, fu il realismo dei soggetti ritratti: in un’epoca in cui dominavano le immagini sacre con i loro tratti sovrannaturali, egli volle ribaltare gli schemi conferendo loro un’immagine più umana nell’aspetto, nelle azioni e nei sentimenti. Nei suoi quadri, dunque, si possono vedere corpi contratti, espressioni di dolore ed emozioni così mondane da apparire, nel loro insieme, violenti e inquietanti. Aspetti tratti dalla sua turbolenta personalità, che si è riversata in dipinti dall’impatto straordinariamente cruento: quello più famoso, Scudo con Testa di Medusa, descrive più di tutti il suo operato, ma anche Giuditta che taglia la testa a Olofene riesce benissimo nell’intento, tanto da essere stato scelto dai Mirar come cover dell’ultimo album Mare.

Blood in Our Bells

Una corrente che può essere accostata al metal per le sue caratteristiche è quella del realismo, nato nell’Ottocento in Francia per poi svilupparsi in tutta Europa. Gli artisti di questo periodo avevano come obiettivo quello di sovvertire gli schemi delle epoche passate rappresentando la realtà nella sua essenza, dagli aspetti più banali fino a quelli più drammatici, coinvolgendo i paesaggi, i soggetti ritratti e tutti gli ambiti della vita umana. Tra i suoi esponenti più importanti c’è il russo Vasily Perov, famoso non solo per il celebre ritratto di Fëdor Dostoevskij, ma anche per altre opere dall’effetto travolgente come Vista di un uomo morto, scelto dai blacksters ucraini Drudkh per la copertina del loro quarto album Blood in Our Bells.

Altre cover

I dipinti citati finora non sono gli unici ad essere stati utilizzati per le copertine. Tra i tanti, infatti, si ricorda uno dei più famosi di tutti i tempi, L’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci, preso in prestito dai francesi Blasphème per la cover del loro primo omonimo album. Altra opera calzante con il mondo del metal è Saturno che divora i suoi figli del già citato Francisco Goya, che si può trovare sulla copertina di Lunar Womb, secondo album dei doom metallers americani The Obsessed. Inoltre, è obbligatorio citare Caspar David Friedrich, altro grande esponente del romanticismo, la cui opera Cimitero del Monastero nella Neve è stata utilizzata da più di 60 band per la cover dei loro album. Si notano, infine, le copertine di Till Death Do Us Part dei Deicide con il dipinto La Morte e la Fanciulla di Hans Baldung, del primo omonimo full-length degli Angel Witch, con Gli angeli Caduti che entrano nel Pandemonio di John Martin, e quelle di Filosofem e Hvis Lyset tar Oss di Burzum, rispettivamente Sulle colline risuona la chiamata squillante e Fattigmannen del realista norvegese Theodor Kittelsen.

Lascia un commento