
- Band: SIGH
- Durata: 43:11
- Data di uscita: dicembre 1993
- Etichetta: Deathlike Silence Productions
Se pensiamo al black metal e ai primi anni della sua diffusione, solitamente, sono 3 le parole chiave: “Norvegia” e “Inner Circle“. In effetti, è stato l’asse Oslo-Bergen a veder nascere questo genere musicale, ma qualcosa si muoveva anche dall’altra parte del mondo grazie ai Sigh, istituzione del metal estremo nipponico e, più in generale, di tutto il Sol Levante.
Il trio di Tokyo, all’epoca formato dal mastermind Mirai Kawashima (voce, basso), Satoshi Fujinami (batteria) e Shinichi Ishikawa (chitarra), fu uno dei primi a spingersi verso sonorità più cupe, pesanti e maligne. E non solo in Giappone.
Nel 1989, anno in cui nacquero i Sigh, il black metal ancora non esisteva nella sua forma concreta: fino ad allora, solo Venom, Bathory, Mercyful Fate, Tormentor e Celtic Frost avevano posto le basi stilistico-concettuali, ma non ancora quelle definitive che sarebbero poi arrivate con i Mayhem, i Satyricon e tutte le altre big norvegesi proprio in contemporanea a Scorn Defeat, primo album dei blacksters provenienti dalla terra dei samurai.
Infatti, per quanto possa sembrare anomalo, i Sigh furono veri precursori, soprattutto se si pensa che lavori come De Mysteriis Dom Sathanas o In the Nightside Eclipse, non erano ancora usciti. E ciò divenne ancor più certo quando Euronymous, punto di riferimento per i metallari di tutto il mondo, ricevette e ascoltò il primo EP della band, Requiem for Fools, rimanendone colpito dall’ottimo potenziale, ma anche dal sound oscuro, maligno, atipico, simile a quello che avevano in mente in Norvegia. La proposta di un contratto per la sua casa discografica, la Deathlike Silence Productions, arrivò istantanea, permettendo a Mirai e compagni di pubblicare il loro primo full-length sotto un nome così importante.
Del resto, da un’etichetta iconica poteva uscire solo un lavoro altrettanto iconico, e quest’album lo è a mani basse. La sua dichiarazione di intenti, come già detto, è uguale a quella dei dischi scandinavi: essere cupo, cattivo e ancestrale, ma nel sound le differenze si sentono.
La struttura stilistica è molto varia, passando da ritmi thrash a melodie ricercate in strutture complesse, ricche di dissonanze, synth, orchestrazioni e strumenti esterni al metal. Una formula già sperimentata dai Celtic Frost in Into the Pandemonium, ma resa al massimo in modo da creare atmosfere intriganti, quasi contrastanti, ma ben incastrate tra loro.
L’iniziale A Victory of Dakini incarna sin da subito l’animo variopinto dell’album, partendo come un mid-tempo malefico per poi lasciare spazio al pianoforte e, in seguito, ad un coro in clean e dall’organo sul finale. The Knell, introdotta dal clavicembalo, spazia in momenti divisi sempre tra la violenza e la calma, che subentra soprattutto nella seconda parte più lenta e ricca di synth, altro elemento portante dell’intero disco. Il resto dei brani si suddivide sempre così, tra momenti di pura malvagità ed altri più sognanti, come accade in Weakness Within e nei due brani più lunghi, Ready for the Final War e Taste Defeat, entrambi ricchi di colpi di scena, nonché dei mix affascinanti che hanno fatto la fortuna di questo lavoro.
Ecco come Scorn Defeat è diventato un album di culto. I Sigh non solo avevano intuito gli stilemi di un genere che doveva ancora nascere definitivamente, ma lo hanno modellato con spunti freschi, innovativi e rivoluzionari soprattutto all’epoca. Rimanere indifferenti davanti ad un’opera del genere era praticamente impossibile, e ciò conferma la loro importanza e il loro status, seppur sottovalutato, di band fondamentale per il black metal, specialmente in ottica avant-garde, con una discografia che riserverà, anche in futuro, ottimi album dalle sperimentazioni sempre più complesse e ricercate.
Miglior brano: A Victory of Dakini
Voto: 9
TRACKLIST:
- A Victory of Dakini
- The Knell
- At My Funeral
- Gundali
- Ready for the Final War
- Weakness Within
- Taste Defeat
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