• Band: CIRITH UNGOL
  • Durata: 31:26
  • Data di uscita: 30 ottobre 1981
  • Etichetta: Liquid Flame Records

C’erano una volta quattro ragazzi californiani, precisamente di Ventura, che durante i primi anni ’70 iniziarono a suonare cover dei Beatles sotto il nome di Titanic. All’epoca, era abbastanza frequente trovare musicisti che si ispirassero al famoso quartetto di Liverpool, ma non ai Black Sabbath, coloro che, in quel periodo, furono i primi ad inventare un sound più pesante, cupo e distorto. Erano l’eccezione che confermava la regola, ma ben presto, le cose cambiarono.

Ci volle poco, infatti, per diventare un punto di riferimento per molti artisti dell’epoca, compresi Greg Lindstrom, Jerry Fogle, Robert Garven e Pat Galligan, che vollero rivoluzionare il loro modo di fare musica partendo dal nuovo nome Cirith Ungol.

Ispirandosi all’universo del Signore degli Anelli, decisero di chiamarsi come il “Passo Del Ragno” dove Frodo e Samvise Gamgee, guidati da Smeagol, si imbattono nella terribile e gigantesca Shelob che lo abita da secoli. Lo zampino di Tolkien nella scelta del nome fu simbolico perché, grazie ad esso, i musicisti assunsero quell’identità solida che li porterà alla creazione del loro primo album, Frost and Fire, dopo l’uscita di Galligan e l’ingresso di Tim Baker.

La band, in questo disco, ha messo nero su bianco quel sound che ha posto le basi per la nascita dell’epic metal, definito al meglio dai Manowar, ma ancora acerbo: intuizioni innovative, come gli assoli più veloci ed intensi, si notano a vista d’occhio, mescolate però in trame sabbathiane, figlie del decennio precedente, di grande espressività (a discapito della produzione) creando il classico album da culto.

Già dalla titletrack si percepisce il rimando agli anni ’70 con il riffage partorito dalla mente talentuosa di Fogle. Il timbro vocale di Baker è particolare, acido, quasi stridente, ma che ben si amalgama agli strumenti, con un’espressività fuori dal comune. Highlight del disco è scuramente What Does It Take, una traccia psichedelica e sognante impreziosita dai synth che innalzano il livello di epicità. Episodi come I’m Alive rendono l’album ancor più autentico e genuino grazie all’animo puramente hard rock, in linea con Edge of a Knife e Better Off Dead, quest’ultima impreziosita da un grande lavoro al basso di Flint. Ultima, ma non meno importante, si pone la strumentale Maybe That’s Why, forse un po’ troppo lunga nel minutaggio, ma ottima nelle trame strumentali, mettendo in risalto lo stato di forma degli axemen al massimo del loro estro creativo.

Un disco fondamentale, seminale, storico. I Cirith Ungol sono una delle band di culto più sottovalutate di sempre, forse perché, ai tempi, gli album più valorizzati uscivano quasi tutti dall’Inghilterra, con quello stile fin troppo pulito. Uno stile che in Frost and Fire si evolve, si diversifica e diventa più diretto, devastante, creando atmosfere più coinvolgenti, ricche di un pathos che sarà definito più avanti nel tempo, ma che trova in questo sound il massimo dell’ispirazione.

Miglior brano: Frost and Fire

Voto: 8,5

Classificazione: 8.5 su 10.

TRACKLIST:

  1. Frost and Fire
  2. I’m Alive
  3. A Little Fire
  4. What Does it Take
  5. Edge of a Knife
  6. Better Off Dead
  7. Maybe That’s Why

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