Nel Regno Unito la scena estrema è foltissima: si possono trovare innumerevoli band, di ogni tipo e di ogni genere, che hanno formato correnti interessanti, corpose e piene di novità. Tra le 4 home nations, è sempre stata l’Inghilterra ad offrire un panorama più ampio in ambito metal, sia per le band storiche che per quelle più recenti. Ma anche la Scozia è riuscita piano piano ad emergere, soprattutto per ciò che riguarda la stretta attualità.

Ci sono diverse band, nate dai primi anni 2000 in poi, che si sono fatte notare al di fuori della Gran Bretagna: basta nominare Hellripper, progetto black/speed metal di James McBain, o i Party Cannon, ormai pilastri della scena goregrind internazionale, per rendersene conto. Ma c’è una scena in particolare che è in continuo fermento, quella che riguarda l’atmospheric black metal. Di solito, i sinonimi di questo sottogenere sono: tradizione, natura, spiritualismo e antiche mitologie. Tutti aspetti che descrivono la Scozia dalla notte dei tempi e che hanno spinto molti artisti locali a scegliere queste sonorità, e questi argomenti, per rendersi ben riconoscibili.

Saor

Saor è sicuramente il progetto portabandiera dell’atmospheric black scozzese, ma per presentarlo, è necessario parlare prima della mente che c’è dietro: Andy Marshall. Il musicista, in passato, ha suonato in band dello stesso genere e dalle stesse tematiche (Askival e Arsaidh) legate alla storia e alle vecchie tradizioni della Scozia. Molti dei suoi side-project hanno il nome in gaelico scozzese, ed è logico che, anche per la sua creatura principale, abbia scelto questa lingua per identificarlo (“Saor” in gaelico significa “libero”). Dal primo Roots (2013) fino all’ultimo Origins (2022), il musicista è stato meticoloso ad unire al black atmosferico quella massiccia dose di folk per farci immedesimare nei suoi racconti millenari. E lo ha fatto talmente bene da essere ritenuto uno dei migliori progetti dell’intera Gran Bretagna per il genere in questione, e da autodefinire la sua musica come “Caledonian metal” in nome della vecchia Caledonia. Ovvero, l’attuale Scozia.

Fuath

Il soggetto della foto? È sempre Andy Marshall, ma nelle vesti di un altro progetto: Fuath (in gaelico “odio”). E se ancora c’è qualcuno che fatica a riconoscerlo, basta ascoltare i suoi due album: I (2016) e II (2021). Non ci sono, infatti, differenze così nette tra il sound di Fuath e del suo alter ego, mentre i testi parlano di stati d’animo decadenti, natura e misticismo in maniera più generica. Non sarà di certo Saor, ma si può considerare la seconda one-man band di Marshall per importanza, dato che, tra tutti i progetti che ha fondato, è l’unico ad essere ancora attivo.

Ruadh

I Ruadh sono nati a Glasgow nel 2018, e anche loro seguono le idee stilistiche e concettuali di Andy Marshall. Il quartetto fondato da Tom Perrett (già attivo col suo progetto solista Aonarach) ha realizzato 4 album in studio, nei quali, oltre al senso di appartenenza alla Scozia e alla sua cultura, esalta un sound atmosferico, epico e coinvolgente. In questi termini, è stato il primo album Sovereign (2019) ad impressionare, ma anche The Rock of the Clyde (2020), Eternal (2021) e 1296 (2023) hanno centrato il bersaglio, con il black metal unito a spunti ambient di forte presenza.

Adabroc

La one-man band Adabroc è nata nel 2010 per mano di Dómhnall Alasdair sull’Isola di Lewis e Harris, al largo della costa nord-occidentale della Scozia, la cui composizione linguistica e culturale si discosta dal resto della nazione: l’intera popolazione è fortemente legata alle antiche tradizioni scozzesi, tra le quali, ovviamente, c’è il gaelico parlato come prima lingua. Ciò è evidente non solo nel nome di nascita del musicista, ma anche nei titoli dei suoi 5 EP, dal sound un po’ più ruvido rispetto agli altri progetti, con testi legati alla natura del suo luogo di provenienza.

Bròn

Nonostante il suo nome lasci pensare il contrario, Bròn è il progetto più “internazionale” di quelli citati. Questo perché il suo fondatore Krigeist, aka Andrew Murray-Campbell, è nato in Nuova Zelanda e ci ha vissuto per un po’ di tempo prima di trasferirsi a Edimburgo. Ciò non cancella, però, le sue conoscenze della cultura scozzese, come si nota dal suo moniker (letteralmente “tristezza”) e alcuni suoi album, influenzati anche dall’ambient. Attualmente, il musicista vive in Serbia e si è ormai amalgamato alla scena metal locale, come dimostra l’ultimo album Pred dverima noći (2020).

Úir

Gli Úir sono nati nel 2015 a Edimburgo dall’unione di musicisti già militanti in altre band: Hamish MacKintosh (batteria) e Gerald Chau (chitarra) degli Haar e il cantante Afallach dagli Úlfarr. Prendendo influenze da entrambe le band, il nuovo progetto si orienta nell’atmospheric black a grandi tinte folk, realizzando fin ora 2 EP dai titoli Tein-Éigin (2016) e Óenach Tailten (2019).

In Autumnus

In Autumnus, pur essendo un progetto ormai in stallo, è riuscito a dare un buon contributo alla scena. Nato a Dumfries nel 2017 per mano di Mike McNaught e lo statunitense Elijah Cirricione, è stato attivo solo 6 anni ma, in questo breve arco di tempo, ha realizzato 2 EP, svariati split e ben 14 full-length (di cui 5 solo nel 2021). Il black metal atmosferico che ci propone è sicuramente più lo-fi e influenzato dal post-rock, ma riesce a catturare l’animo soprattutto in Catharsis e Fairweather (entrambi usciti nel 2020), tra i capitoli più memorabili. Trattandosi di un duo di diversa nazionalità, le differenze rispetto alle altre band si notano: già dalle copertine degli album (in stile Sadness) ce ne accorgiamo in pieno, ma sono anche le liriche, dal forte mood pessimistico, a distinguersi.

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