
- Band: MORTUARY DRAPE
- Durata: 48:18
- Data di uscita: 3 novembre 2023
- Etichetta: Peaceville Records
Avere, nella scena musicale del proprio Paese, una band come i Mortuary Drape dovrebbe essere un motivo di vanto. E non c’è nessuna ragione per pensarla diversamente.
Torniamo un attimo al 1987, anno in cui si sono fatti conoscere con il primo demo-tape Necromancy. Definire oscuro e malvagio un lavoro del genere sarebbe troppo poco, e non solo per la produzione rozza e ovattata: si sentono litanie, scream potenti, batteria al limite della schizofrenia, chitarre veloci. Insomma, tutto ciò che ci si aspetterebbe da un disco realizzato a Oslo o a Stoccolma, ma con un’unica differenza: la città di provenienza è Alessandria. E se pensiamo che Necromancy sia uscito lo stesso anno di Deathcrush, fa ancor più riflettere su chi sia stata la prima band a portare il black metal nella nostra penisola. Titolo condiviso con i Necromass e gli Opera IX, per essere precisi, perché nonostante i piemontesi siano nati prima di questi acts, hanno esordito su full-length nello stesso anno con All the Witches Dance (1994), carico di energia maligna, che rendeva ancor più chiara la loro direzione stilistica. Il rimando ai Mercyful Fate è evidente, ma ciò che impatta di più ai padiglioni auricolari è quella oscura miscela di death, progressive, doom, thrash e anche linee melodiche care alla NWOBHM in versione più orrorifica. Wildness Perversion, aka Walter Maini, ha capito subito che questa fosse la formula vincente per la sua band e l’ha sperimentata, collaudata e perfezionata nei lavori successivi fino a Black Mirror, sesto album in carriera.
Con una formazione solida da ormai 10 anni, i Mortuary Drape hanno centrato l’obiettivo prefisso dall’inizio: esprimersi nella maniera più personale e originale possibile, ed esemplare in questo senso è l’opener Restless Death, con le vocals viscerali che si fanno spazio tra i riff ruvidi di Dario Chiereghin e Simone Rendina, il tutto sulla batteria fragorosa di Manuel Togni che lascia spazio ai tipici momenti da oltretomba, loro marchio di fabbrica, resi in questo caso ancor più atmosferici. La successiva The Secret Lost, invece, cambia registro avanzando in maniera più thrashy (lo dimostrano le ritmiche arrembanti e l’assolo fulmineo a metà del brano), ma non per questo perde l’indole maligna: il growl resta sempre sonoro, il basso di Simone Cappato è pungente e le chitarre in salsa gothic danno sempre quella sensazione sinistra da cui non ci si discosta mai. Proprio ciò che accade in Rattle Breath, uscito in anteprima, memorabile grazie alla prova di Wildness Perversion che mostra grande capacità interpretativa al microfono. E i colpi di scena non finiscono qui: Nocturnal Coven ci spiazza per la sua somiglianza alle melodie firmate Death SS, mentre The Unburied e Fading Flowers Spell tornano a pestare forte sulla velocità senza discostarsi dalla loro sinistra essenza. E infine, la title track ci porta di nuovo nel regno dei morti con un’ottima ballata semi-acustica che termina in quello che è a tutti gli effetti un canto funebre.
È chiaro, adesso, perché i Mortuary Drape sono iconici? In pochi sono riusciti a comporre una forma di black metal così maestosa, spettrale e colma di influenze diverse tra loro, e in pochi sono riusciti a portarla avanti fino a costruirne la propria identità. Con Black Mirror, i piemontesi ci hanno dato una prova ulteriore di tutto ciò, celebrando un rito che non si perde nella ripetizione, ma che tiene alta la tensione tra visioni oscure e arcani rituali a cui è impossibile sottrarsi. Perché una musica così non può far altro che trasmettere queste sensazioni tanto cupe, quanto affascinanti.
Miglior brano: A High Plains Eulogy
Voto: 8,5
TRACKLIST:
- Restless Death
- The Secret Lost
- Ritual Unction
- Drowned in Silence
- Into the Oblivion
- Rattle Breath
- Nocturnal Coven
- Mistress of Sorcerer
- The Unburied
- Fading Flowers Spell
- Black Mirror


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