
- Band: CATTLE DECAPITATION
- Durata: 52:34
- Data di uscita: 12 maggio 2023
- Etichetta: Metal Blade Records
Eccoli qui, dopo un silenzio durato ben 4 anni. I Cattle Decapitation si sentono nominare ormai da quasi un quarto di secolo e il motivo è piuttosto chiaro: nessuno è mai riuscito ad eguagliarli dal punto di vista stilistico e concettuale. Si sono messi in gioco sin dall’inizio, cercando di avvicinarsi alle band più esperte e conosciute, e dopo quella gavetta tanto sudata, sono riusciti addirittura a superarle. Lo stile del combo, come ormai appurato grazie ad album come Monolith of Inhumanity e The Antropocene Extinction, è tutto ciò che si possa considerare estremo: il death metal e il grindcore sono gli elementi preponderanti, ma non mancano rimandi al black, all’heavy, al deathcore o all’hardcore. Generi apparentemente inconciliabili, ma che i Nostri sono riusciti ad unire e a farli funzionare alla grande in un concept incentrato su animalismo e ambientalismo, altrettanto inedito per il metal estremo. Con un’identità ormai ben definita, Travis Ryan e soci sono andati avanti fino al decimo album in studio Terrasite, un lavoro che rispecchia il loro percorso e le loro capacità senza stravolgere più di tanto lo stile, ma regalandoci l’ennesimo capitolo vincente di una carriera invidiabile.
L’opener Terrastic Adaptation apre il lotto prima con una intro ambient strumentale, poi con una scarica di potenza micidiale data dall’attacco sonoro: la pioggia di blast beats di David McGraw attacca senza sosta, facendo da base alla schizofrenia di Ryan che si sdoppia benissimo tra scream e growl. Rilevante è l’abilità tecnica dei chitarristi Josh Elmore e Belisario Dimuzio, che scuotono le loro asce producendo riff caotici e rimbombanti. Il regno del caos prosegue con We Eat Our Young, dove il mix esemplare di accelerazioni e rallentamenti si rende ancor più evidente, con un refrain che rimanda molto al black metal per il tremolo delle chitarre. Tutto ciò, in fin dei conti, lo si può trovare nell’intero album, il cui animo feroce emerge anche negli episodi più propensi alla varietà: da A Photic Doom, colma di breakdown e assoli alla Morbid Angel, a The Storm Upstairs e Sostalgia, in cui il basso di Olivier Pinard si erge con un’intensità incredibile sul doppio pedale travolgente. Stilemi che si ripresentano in …And The World Will Go On Without You e Dead End Residents, in cui ci sono anche passaggi corali realizzati con le harsh vocals di Travis Ryan, che riesce ad incastrarsi bene sulla base melodica delle chitarre intonando le stesse note con gli screaming taglienti contrapposti al growl, abilità sulla quale il cantante può richiedere il copyright per l’originalità. Tutto ciò basterebbe e avanzerebbe, eppure i Nostri piazzano Just Another Body, lunga suite di 10 minuti costruita su un puzzle di sensazioni varie e intense, ed egregiamente riuscita per quanto sia azzardata tra tastiere degne del symphonic metal e il classico rombo di motori del deathgrind, per chiudere il disco in bello stile.
I Cattle Decapitation sono ormai abituati a costruire lavori come questo, e mai come questa volta ci si poteva aspettare un risultato del genere. Eppure, tutto ciò non va contro una valutazione positiva del disco: sarà anche lecito pensare a sorprese, innovazioni e colpi di scena da parte del combo di San Diego, ma il loro potenziale lo hanno sempre mostrato al massimo, migliorando di disco in disco. Magari ci si poteva aspettare un passo falso, dato che il precedente Death Atlas rimane quasi insuperabile, ma non è stato così: Terrasite è l’apoteosi del grind, un violento ma chirurgico bombardamento sonoro in cui nulla è accidentale, ma è tutto messo lì appositamente per superare il limite.
Miglior brano: Terrasitic Adaptation
Voto: 9
TRACKLIST:
- Terrasitic Adaptation
- We Eat Our Young
- Scourge of the Offspring
- The Insignificants
- The Storm Upstairs
- …and the World Will Go On Without You
- A Photic Doom
- Dead End Residents
- Solastalgia
- Just Another Body
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