
- Band: THE ABBEY
- Durata: 53:05
- Data di uscita: 17 febbraio 2023
- Etichetta: Season of Mist
Il 2023 è iniziato da poco, ma si sta già rivelando un anno pieno di debutti interessanti. I progetti che si sono lanciati nel mercato della musica underground finora non hanno deluso e, se si stilasse un elenco, uno dei nomi in risalto sarebbe proprio quello dei finlandesi The Abbey.
Il nome dell’ensemble si ispira all’abbazia di Thélema, una villa di Cefalù in cui Aleister Crowley, noto esoterista inglese, praticava il culto da lui coniato (il Thélema, appunto) fino alla sua espulsione dall’Italia avvenuta nel 1923 per mano di Benito Mussolini. Il concept attorno a cui ruota la band è quindi ben chiaro, ed è bastato poco per attirare l’attenzione della Season of Mist, etichetta che ha sempre reclutato moniker talentuosi sotto il suo segno, per fare da promotrice per il suo debutto. La band è in attività da appena qualche mese, composta da personalità che, però, non sono nuove nel mondo del metal. Al centro del progetto vi è il mastermind Jesse Heikkinen, chitarrista molto attivo nella scena finlandese, a cui si affiancano l’ex Sentenced Vesa Ranta alla batteria, la cantante Natalie Koskinen degli Shape Of Despair, l’esperto chitarrista Janne Markus e il bassista Henri Arvola. Le premesse per realizzare un buon lavoro ci sono tutte, venendo confermate e messe in pratica in Word of Sin. La direzione stilistica della band, come si può ben intuire dai progetti di provenienza dei musicisti, si basa su elementi di doom, rock melodico e sfumature progressive intrise di un alone di oscurità, arricchendosi di ulteriori influenze provenienti da diverse dimensioni racchiuse in 53 minuti di durata.
Rat King apre l’album e fornisce il primo assaggio dello stile dei The Abbey: l’intreccio tra voci maschili e femminili, marchio di fabbrica della band, avanza su una base melodica opethiana che scorre sulle ritmiche sincopate in tempi dispari. Il risultato è un tortuoso viaggio prog dalle sfumature doom che termina in un finale mozzafiato. A Thousand Dead Witches non cambia né forma, né sostanza di ciò che si è sentito finora, con la chitarra e l’attacco ritmico che diventano più incisivi, mentre Starless diventa più eterea e malinconica, con la Koskinen che sprigiona tutto il suo talento nella voce espressiva. La formula vincente dell’album, come dimostrano Desert Temple e Widow’s Will, consiste nella sorprendente varietà della sua tracklist: nessuno dei brani suona simile, ma risultano essere legati l’uno con l’altro in maniera indissolubile, come se fossero delle tappe di un itinerario spirituale. L’ascolto, infatti, prosegue fluido e senza pause, coinvolgendo l’ascoltatore a 360 gradi fino alla conclusiva, splendida Old Ones, quasi 13 minuti di liturgia in cui le abilità di ogni musicista culminano in un risultato sbalorditivo tra tempi dispari, cori solenni e lunghe marce di organo.
Word of Sin è una miscela perfetta tra prog rock anni ’70 di impronta King Crimson e doom metal alla Candlemass, con un’aggiunta, come già detto, di influenza Opeth, ma in chiave occulta e spirituale, trasmettendo all’ascoltatore un’esperienza mistica che va oltre la musica. I The Abbey sono ancora all’inizio della loro carriera e la loro identità è ancora in fase di assestamento, ma se continuano così ne sentiremo parlare anche in futuro.
Miglior brano: Old Ones
Voto: 8
TRACKLIST:
- Rat King
- A Thousand Dead Witches
- Crystallion
- Starless
- Desert Temple
- Widow’s Will
- Queen of Pain
- Old Ones: Prequel
- Old Ones
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