• Band: MACABRE OMEN
  • Durata: 01:01:14
  • Data di uscita: 20 febbraio 2015
  • Etichetta: Van Records

Di band epiche ne esistono tante, ma sono poche quelle che riescono a mantenere questa definizione anche nella loro proposta musicale. I Macabre Omen, moniker sconosciuto al grande pubblico e relegato nell’underground da ormai 28 anni, sono proprio una di queste. In una carriera lunga più di un quarto di secolo, il progetto non è stato in grado di ritagliarsi la stessa importanza ottenuta dai connazionali Rotting Christ, Varathron e Necromantia, considerando il filone del greek black metal di cui fa parte, ma è riuscito a suo modo a farsi conoscere dagli appassionati grazie ad uno stile quasi inedito. Il merito, ovviamente, è del mastermind Alexandros Antoniou, che ha reclutato sempre ottimi musicisti per i suoi demo, i vari split e l’album di debutto The Ancient Returns, targato 2005. A distanza di dieci anni, i Macabre Omen arrivano finalmente alla consacrazione con Gods of War – At War, album che presenta una band consapevole dei propri mezzi e della propria capacità di scrittura, decisa a donare all’ascoltatore un lavoro inedito, personale e dal sapore sempre più ellenico nonostante siano presenti stilemi che ricordano il viking dei Bathory. Infatti, le atmosfere che i Nostri creano per tutta la durata del disco sono epiche, solenni, a tratti addirittura drammatiche, affiancate da testi profondi e poetici che riescono a far immedesimare pienamente l’ascoltatore nell’epoca delle polis. Non resta che scoprire la bellezza del disco in tutti i suoi aspetti.

Si parte da I See, The Sea!, la prima bellissima song del lotto, introdotta da cori epici e suadenti per poi sfociare nella sezione strumentale perfetta e ben studiata. Non a caso, è proprio questo l’aspetto principale di tutto l’album: rispetto al capitolo precedente, i Macabre Omen migliorano in ogni minimo dettaglio. La voce di Alexandros si rende diversa in vari passaggi, tra growl profondo e scream pregno di acidità ed eco, in modo da rendere il climax dell’intera song più ancestrale  ed epico allo stesso momento. Il riffing è molto ispirato e coinvolgente, con un gusto melodico mozzafiato che trascina letteralmente l’ascoltatore in ogni suo punto, sia quando è più tirato, sia quando si affievolisce. Oltre ad Alexandros, c’è da mettere in conto anche il neo entrato nella band: Tom Vallely, che si destreggia in strutture varie e precise, ora correndo, ora rallentando, ma sempre rimanendo sul passo. Le sue abilità, si possono notare soprattutto nella successiva song, la title-track, in cui l’inglese sfoggia tutte le armi del suo repertorio per creare una struttura ritmica che varia dai blast beats a sezioni più lente ed ordinate. Parallelamente, si erge la prestazione di Alexandros, la quale si divide a metà nella durata della song: nella prima parte è più evocativa (grazie anche ai cori che lo accompagnano), nella seconda diventa più abissale e drammatica, ma molto trascinante. Man of 300 Voices si presenta come uno dei pezzi più “folk” del lotto, con un’intro atmosferica messa in mostra tramite chitarra acustica, flauto e tamburi medievali, trasmettendo all’ascoltatore un senso di desolazione e drammaticità. Tuttavia, la song cambierà presto, in quanto i Macabre Omen tornano a martellare con lo stesso registro delle canzoni precedenti, con alcune parti accompagnate da cori epicheggianti. Si prosegue con la canzone più guerresca e patriottica del lotto: Hellenes Do Not Fight like Heroes, Heroes Fight like Hellenes, in cui si notano anche i tamburi medievali utilizzati da Vallely nella parte più cadenzata della song. Alexandros continua sull’alternanza tra growl e scream, così come la chitarra, ancora una volta trascinante assieme alle percussioni. In From Son To Father, Alexandros mette in mostra per la prima volta la sua voce pulita all’interno del platter, sdoppiandola con il growl. Rhodian Pride presenta in grandi linee la stessa struttura di Hellenes, con sfumature melodiche soprattutto negli assoli di chitarra, chiare influenze di Rotting Christ e Varathron, dando al brano un taglio più agile e aulico. L’album giunge al termine con l’ultimo brano Alexandros (in tributo ad Alessandro Magno) suddiviso in due suite: nella prima (Ode A), si trova una lunga intro acustica che accompagna all’esplosione strumentale e vocale del cantante. Il ritornello rappresenta il culmine della song, con il cantante in stato di grazia nell’intonazione pulita della sua voce, evocativa come non mai. Il brano continua a sorprendere anche nella parte successiva, in cui il ritmo viene appesantito ulteriormente dai colpi dei timpani e dalle urla di sottofondo del singer, fino allo scadere dei 7:35 minuti. La seconda parte della suite (Ode B), vede come protagonista uno strumento del tutto inedito: il bouzouki, tipico cordofono greco di cui il singer si avvale per mettere in risalto il lato folkloristico del suo sound. Ma non solo: in questa song, il cantante mostra anche il suo lato più introspettivo con un testo molto profondo e con un timbro vocale pulito ed evocativo, soprattutto nel ritornello, che chiude straordinariamente tutto il lotto assieme a dei riff acustici che si spengono in sfumando.

Semplicemente un album fantastico. Gods of War – At War, mostra la vena artistica concreta dei Macabre Omen: partendo dal cantato in varie modalità (dallo screaming al coro, dalle spoken vocals a un growl profondo) alla lunghezza scorrevole delle tracce ricche di colpi di scena, l’ascoltatore sarà perennemente coinvolto in momenti intensi, carichi di pathos e di atmosfere epiche, storiche e molto introspettive. Gods of War – At War può essere ritenuto assolutamente uno dei migliori album del genere di appartenenza. Bello come pochi.

Miglior brano: I See, the Sea!

Voto: 9

Classificazione: 9 su 10.

TRACKLIST:

  1. I See, the Sea!
  2. Gods of War – At War
  3. Man of 300 Voices
  4. Hellenes Do not Fight Like Heroes, Heroes Fight Like Hellenes
  5. From Son to Father
  6. Rhodian Pride, Lindian Might
  7. Alexandros – Ode A
  8. Alexandros – Ode B

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