Tra le all-female band che appartengono al metal estremo ce n’è una in particolare che ultimamente ha riscosso un grande successo in giro per il mondo per il suo interessante profilo: le Voice of Baceprot.
Le tre ragazze che formano il gruppo sono Firdda Marsya Kurnia (voce, chitarra), Euis Siti Aisyah (batteria) e Widi Rahmawati (basso), giovani adolescenti indonesiane provenienti dalla piccola cittadina di Garut, nella provincia del Java Occidentale, situata a cinque ore a sud-est dalla capitale Giacarta. Le tre musiciste, figlie di contadini, sono cresciute in una zona molto particolare del proprio Paese: una regione rurale e conservatrice, in cui si sono conosciute frequentando la stessa madrasa, la scuola superiore musulmana.
L’Indonesia, infatti, è la nazione con il più alto numero di musulmani praticanti ed è anche un luogo in cui pluralismo e religioni diverse spesso si scontrano. Non sorprende, quindi, che le Voice of Baceprot abbiano causato una certa costernazione tra i religiosi conservatori indonesiani: non solo sono giovani donne che suonano un genere di musica non alla portata di tutti, per di più anche in pubblico, ma lo fanno con l’hijab, il velo portato tradizionalmente dalle donne musulmane.
C’è da considerare, in ogni caso, che l’heavy metal è un genere molto seguito in Indonesia, soprattutto ultimamente, grazie al presidente Joko Widodo che, anch’egli metallaro, ha promosso molti eventi e tour di band appartenenti al genere musicale. Queste tre ragazze, però, hanno deciso di sfidare la religione di cui anch’esse sono credenti e praticanti per immergersi nella loro più grande passione, riuscendo così a dimostrare al mondo intero che qualsiasi genere di musica, anche l’heavy metal, può essere alla portata di tutti. Il messaggio che Firdda, Euis e Widi hanno lanciato ha avuto un grande impatto nella comunità metal indonesiana e internazionale, non solo per il loro appeal, ma soprattutto perché sono giovani musiciste che hanno trovato il coraggio di farsi valere e hanno voglia di urlare al mondo di guardare oltre i pregiudizi e i luoghi comuni. Stilisticamente parlando, le Voice of Baceprot suonano un alternative metal cantato sia in inglese che in sundanese, con una forte componente groove metal influenzata da Lamb of God, Machine Head e Rage Against the Machine che rende il loro sound molto più forte e compatto. Ad oggi, le ragazze hanno pubblicato tre singoli e un live EP e, pur avendo un considerevole numero di fan, non sono mancate le critiche e le minacce da parte dei fanatici integralisti: ricatti, dispetti e messaggi di morte cercano in qualche modo di boicottare il loro successo. Vengono considerate blasfeme e non in linea con la condotta che ogni “brava musulmana” dovrebbe avere, ma le espressioni sui loro volti dicono tutt’altro.

Il logo della band

Come è nata questa passione per l’heavy metal?

«La musica metal ci ha appassionato sin dall’inizio. Non è di certo un genere musicale che si associa abitualmente a delle ragazze musulmane che indossano sempre il velo, ma è proprio per questo che abbiamo scelto di suonare questo tipo di musica, per farci coraggio nel liberarci dalla soppressione di vari stigmi e pregiudizi. Riteniamo che la nostra voce di indipendenza e libertà come donne e come esseri umani possa raggiungere un pubblico più ampio attraverso la musica, e ogni giorno ci impegniamo per espandere sempre di più le nostre idee».

Avete scelto un nome molto particolare. Da dove è nata l’ispirazione?

«Il nostro nome lo ha inventato il nostro insegnante di musica, Abah Erza, che fu il primo a spingerci a suonare piuttosto che a recitare in teatro, come facevamo all’inizio. È stato lui a coniare il nome Voice Of Baceprot, di cui la parola “baceprot” in sundanese significa “rumoroso”. Ha detto che si adattava molto al nostro personaggio, dato che denunciamo sempre tutto ciò che accade intorno a noi. E anche la nostra musica è piuttosto rumorosa».

La musica metal a volte è vittima di censure, perché l’opinione pubblica la considera la “musica del diavolo”. Come viene visto questo genere musicale dalla società indonesiana?

«Il metal è un genere molto diffuso in Indonesia, infatti abbiamo una scena estrema come poche altre in Asia che è cresciuta molto rapidamente. Ma abbiamo anche notato che l’opposizione di alcune comunità ha aiutato a far aumentare l’ostilità verso questo genere di musica, ritenuto contrario rispetto agli ideali dell’Islam o di altre religioni. La realtà è che ci sono più persone che accettano e vedono questo tipo di musica come un mezzo per diffondere idee e per sfogarsi, e noi l’abbiamo utilizzato anche per questo».

L’Islam non è l’unica religione in Indonesia, ma è una delle più diffuse. In alcuni Paesi musulmani, esattamente come in altri cristiani, l’heavy metal è perseguitato e a volte vietato dalla legge e dalla religione, cosa che persiste soprattutto in Medio Oriente. Come donne musulmane, parlatemi del vostro pensiero sull’importanza della libertà di espressione e della libertà di suonare questa musica.

«Da donne che credono e hanno fede nell’Islam come religione che porta pace, crediamo che la libertà di espressione sia un diritto umano dato da Dio e deve essere difeso. Quando sentiamo di episodi di violenza o di soppressione acquisiamo sempre più spinta per andare avanti con la nostra musica e la nostra battaglia contro i regimi autoritari che non permettono alle persone di esprimersi liberamente. Nessun tema, più di questo, ci ha coinvolto così tanto».

So che avete affrontato molte sfide e persino minacce di morte per aver iniziato a suonare heavy metal. Pensate che ci sarà più tolleranza per il metal in futuro?

«Vogliamo continuare a sperare che la voce dell’umanità possa essere ascoltata e accettata ancora di più in futuro rispetto alle dottrine dell’odio».

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